Thauma

Penso che lo scoprirci precari molto spesso avvenga in relazione all'essere venuti in contatto con un limite - personale o del mondo che ci circonda.

In questi termini, scoprire di essere precari è come fare un reality-check, in quel momento ti accorgi di toccare la vita cruda, che è sensibile, fragile e potente. Aristotele diceva che "la filosofia nasce da thauma". Quasi sempre questa parola viene tradotta con "meraviglia", "stupore" - Severino suggerisce invece di tradurla con il suo significato originario: "terrore", "angoscia". La filosofia nasce come risposta all'angoscia: della morte, del divenire delle cose, dei limiti.

I limiti - di ogni singolo individuo e i limiti ecologici del mondo - ci sono stati nascosti dalla nostra cultura. Ma noi umani siamo limitati: biologicamente, psicologicamente ed emotivamente - dunque, qualsiasi avvenimento che ci porta a riconoscere nuovamente i nostri limiti, ci aiuta anche a riscoprirci umani, terrestri. Un po più vivi.

Diventa sempre più importante riappriopiarci dei nostri limiti. Riscoprirli, farci i conti e scoprire nuovi modi di generare, vivere e morire con loro, piuttosto che nonostante loro.

La precarietà, per le sue caratteristiche di incertezza, non si può controllare, ne tantomeno ignorare, una volta che entra nelle nostre vite. Può avere caratteristiche di imprevedibilità, ma può anche regalarci momenti di assoluta felicità e inaspettata bellezza, in ogni caso non è qualcosa che può essere disposta o assogettata alla volontà dell'uomo. Possiamo subirla, oppure navigarla, normalmente la precarietà ci accade.

Navigare la precarietà è un'arte, forse è un imparare a giocare sapientemente con i propri limiti, prestare profonda attenzione al mondo fuori e negoziare alleanze che possano aggiungere gradi di libertà (seppur piccolissimi) ai nostri limiti - piuttosto che imprigionarci in una finta stabilità.

Parafrasando Virginia Woolf: Osservare, osservare dobbiamo.

Osservare che non significa consumare con gli occhi, ma pensare con gli occhi. Penso che sia un'abilità, che da quando vivo in campagna mi sono reso conto di aver allenato molto poco nella mia vita.

Bisogna imparare a osservare la nostra zona critica, come la definisce Bruno Latour:

Il primo compito dei Terrestri è quello di scoprire di quali altri esseri abbiamo bisogno per sopravvivere nella nostra zona critica. Un'attività che non mira a promulgare un'ideale di vita romantico (ed utopista) in armonia, empatia con gli agenti detti "naturali". Non si cerca l'accordo di tutti questi agenti insieme, ma si impara a dipenderne.

Nessuna riduzione, nessuna armonia.

La dipendenza è un'altra caratteristica fondamentale della precarietà. Più si è precari più si dipende dal mondo attorno. Ovviamente nei miti della stabilità e del progresso, è vero l'esatto contrario: ogni persona è fine a se stessa.

Sento di dover restare ancora un po a contatto con il problema, indugiare con le precarietà, i limiti e le dipendenze che a poco a poco torno a vedere intorno e in me - osservarli, pensare con gli occhi, le mani, il naso, la bocca e le orecchie, magari fare una lista...